Nel Mezzogiorno, e in Campania in particolare, si sta aggravando un doppio squilibrio che sta mettendo a rischio la tenuta economica e sociale del territorio: da un lato l’emigrazione costante di giovani laureati e qualificati, dall’altro la crescente carenza di manodopera tecnica e artigianale.
Solo in Campania, negli ultimi dieci anni, oltre 200.000 giovani tra i 15 e i 34 anni hanno lasciato la regione. Il loro abbandono non è solo un fatto demografico: rappresenta una perdita di competenze, creatività e consumi. La conseguenza è un circolo vizioso che impoverisce le città, svuota i quartieri, deprime il mercato immobiliare e chiude le attività economiche.
Nel contempo, cresce la difficoltà per le imprese locali a reperire lavoratori specializzati: operai, artigiani, manutentori, tecnici dell’edilizia. Una contraddizione evidente: chi cerca lavoro parte, chi offre lavoro non trova nessuno. E così, mentre i giovani migrano, interi comparti produttivi restano senza forza lavoro.
Un esempio emblematico è quello dell’edilizia: il patrimonio abitativo del Sud è in gran parte vetusto, energeticamente inefficiente, da riqualificare. La rigenerazione urbana potrebbe generare migliaia di posti di lavoro, ma manca il capitale umano necessario.
Le imprese artigiane, spesso piccole e fragili, non riescono a garantire percorsi stabili, né sicurezza occupazionale. Senza tutela, prospettive e un sistema di sostegno, i giovani non vedono in questi mestieri una strada praticabile. Servono politiche pubbliche integrate: formazione professionale mirata, sostegno alla microimpresa, credito agevolato, reti territoriali di filiera, oltre a un grande piano per l’edilizia urbana sostenibile.
Solo così si può fermare l’esodo e dare al Sud una prospettiva concreta di sviluppo. Non basta trattenere i giovani: bisogna metterli in condizione di costruire, qui, il proprio futuro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link