Bonus startup innovative, ecco le regole per gli investimenti in servizi qualificati


L’ecosistema italiano dell’innovazione si arricchisce di un nuovo, importante tassello. Con il decreto attuativo del 7 maggio 2025, firmato dai ministri Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy) e Giancarlo Giorgetti (Economia e Finanze), è diventato pienamente operativo il “bonus fiscale” per gli investimenti in servizi qualificati destinati alle startup innovative.

La misura, già prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022), sblocca risorse per 40 milioni di euro a carico del “Fondo di sostegno al venture capital” e mira a rafforzare la competitività delle nuove imprese tecnologiche.

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Startup innovative, lo scenario italiano

Ma prima di analizzare le sue caratteristiche, vediamo quale è il panorama delle Startup Innovativa nel nostro paese. Negli ultimi dieci anni, il panorama imprenditoriale italiano ha assistito a una profonda trasformazione, spinta dall’introduzione di strumenti normativi volti a favorire la nascita e la crescita di imprese ad alto contenuto innovativo. Nel lessico economico contemporaneo, poche parole sono tanto utilizzate quanto “startup”, un termine che evoca immagini di talenti, idee rivoluzionarie e rapidi successi.

Tuttavia, al di là dell’immaginario collettivo, esiste una precisa realtà giuridica che definisce cosa sia una Startup Innovativa in Italia e quale sia il suo percorso di evoluzione verso la forma più matura di PMI innovativa.

Comprendere questa architettura normativa è fondamentale per orientarsi nel mondo dell’innovazione, che si tratti di un aspirante imprenditore, di un investitore o di un osservatore delle dinamiche economiche. Queste forme societarie, infatti, sono al centro delle politiche pubbliche per la digitalizzazione e la competitività del sistema produttivo nazionale.

La Startup Innovativa: identikit di un motore di crescita

Innanzitutto, è bene chiarire che non ogni nuova azienda è una startup. Una startup, nel suo senso più puro, è un’organizzazione temporanea, progettata per cercare e validare un modello di business scalabile e ripetibile. La sua natura è intrinsecamente sperimentale, ma con un potenziale di crescita esponenziale.

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Il legislatore italiano ha recepito questa visione con il Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, meglio noto come “Decreto Crescita 2.0” (convertito dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221). Questa legge ha istituito la figura giuridica della “startup innovativa”, che dà accesso a un regime di favore previa iscrizione in una sezione speciale del Registro delle Imprese.

Per fregiarsi di questo titolo, una società di capitali deve rispettare una serie di paletti oggettivi: deve essere stata costituita da non più di cinque anni, avere la sede principale in Italia (o in un altro Paese UE con una filiale produttiva qui da noi), e il suo fatturato annuo non deve superare i 5 milioni di euro. Aspetto cruciale che ne denota la vocazione alla crescita futura, non deve aver distribuito utili. Inoltre, il suo oggetto sociale deve essere lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico e non deve nascere da operazioni di fusione o scissione.

Oltre a ciò, la sua anima innovativa deve essere certificata dal soddisfacimento di almeno uno fra tre specifici indicatori:

  • sostenere spese in Ricerca e Sviluppo per almeno il 15% del maggiore valore tra costo e valore della produzione;
  • impiegare personale altamente qualificato (almeno un terzo con dottorato di ricerca, o in alternativa, due terzi con laurea magistrale);
  • oppure essere titolare o licenziataria di almeno un brevetto o di un software registrato.

Dalla startup alla PMI innovativa: la maturità dell’innovazione

Cosa accade quando una startup supera i 5 anni di vita o quando una Piccola e Media Impresa già consolidata decide di accelerare sull’innovazione?

Per loro, il legislatore ha introdotto la figura della “PMI innovativa” con il Decreto Legge 24 gennaio 2015, n. 3 (“Investment Compact”), convertito dalla Legge 24 marzo 2015, n. 33.

Questa qualifica estende molti dei benefici previsti per le startup a una platea più ampia, riconoscendo che l’innovazione non ha limiti d’età. Una PMI, per ottenere questo status, non deve essere quotata su mercati regolamentati (ma può esserlo su sistemi multilaterali di negoziazione come l’Euronext Growth Milan), deve avere l’ultimo bilancio certificato e, punto fondamentale, deve soddisfare almeno due dei tre criteri di innovazione visti per le startup (con una soglia per le spese in R&S più accessibile, fissata al 3%).

I vantaggi concreti e l’ecosistema di supporto

L’iscrizione alle sezioni speciali del Registro delle Imprese è la chiave per accedere a un pacchetto di misure di enorme valore strategico. Sul fronte burocratico, le startup beneficiano di notevoli semplificazioni, come l’esenzione da imposte di bollo e diritti di segreteria e, per le Srl, la possibilità di costituirsi online con firma digitale, senza la necessità di un notaio. Dal punto di vista finanziario, il regime di favore è ancora più incisivo. La misura più potente è l’incentivo fiscale per gli investitori, che per chi investe in startup innovative prevede una detrazione IRPEF del 50% su un investimento massimo di 100.000 euro per le persone fisiche e una deduzione IRES del 30% per le società.

A questo si aggiunge l’accesso prioritario e semplificato al Fondo di Garanzia per le PMI, che facilita l’ottenimento di prestiti bancari.

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Anche il diritto del lavoro e quello societario vengono resi più flessibili, con deroghe che permettono di creare categorie di quote con diritti particolari, emettere strumenti finanziari partecipativi o remunerare il personale con piani di stock option fiscalmente agevolati. In caso di crisi, infine, la procedura è semplificata, esonerando l’impresa dal fallimento ordinario secondo il principio del “fail fast”.

Questo quadro normativo non è statico. Negli anni, l’Italia lo ha progressivamente rafforzato con un vero e proprio ecosistema per l’innovazione. Tra gli strumenti più rilevanti spiccano il Fondo Nazionale Innovazione (FNI), gestito da CDP Venture Capital, che interviene direttamente nel capitale di rischio delle imprese, e i programmi di sostegno diretto come Smart&Start di Invitalia, che offre finanziamenti a tasso zero e contributi a fondo perduto. Tali misure si affiancano ai più ampi piani nazionali, come il Piano Transizione 4.0 (ora evoluto nel piano Transizione 5.0 che prevede diversi benefici per le aziende), che con strumenti come il credito d’imposta per R&S supporta la trasformazione tecnologica di tutto il tessuto produttivo.

Il Decreto attuativo del 7 maggio 2025 in dettaglio

Il nuovo credito d’imposta è pensato per sostenere la nascita e lo sviluppo delle startup, incentivandole a investire in servizi cruciali per la loro crescita. Le spese ammissibili includono la consulenza per l’analisi di mercato, il supporto nella fase di commercializzazione (go-to-market), l’assistenza per lo sviluppo del modello di business e i servizi legati alla tutela della proprietà intellettuale.

Tali servizi devono essere forniti da soggetti qualificati come incubatori certificati, acceleratori d’impresa, innovation hub e organismi di ricerca.

Il bonus è calcolato su una base imponibile pari al 50% delle spese sostenute, con un importo massimo di credito d’imposta di 10.000 euro per ciascun periodo fiscale. Per accedervi, le startup devono rispettare alcune condizioni, tra cui la stipula di un contratto scritto con il fornitore e il mantenimento della qualifica di “innovativa” per almeno tre anni dalla fruizione del beneficio, pena la restituzione. L’agevolazione potrà essere utilizzata esclusivamente in compensazione tramite modello F24, dopo aver presentato un’apposita istanza all’Agenzia delle Entrate, le cui modalità operative saranno definite da un provvedimento di prossima pubblicazione.

Questo strumento si inserisce in un quadro normativo già solido e strutturato, come visto in precedenza, e ora esaminiamo le regole principali.

Natura e oggetto dell’incentivo

Si tratta di un credito d’imposta volto a sostenere la nascita e lo sviluppo delle startup innovative. L’incentivo è concesso per le spese sostenute in servizi forniti da incubatori, acceleratori e altri organismi qualificati.

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Saldo e stralcio

 

La misura è un’attuazione dell’articolo 1, commi da 271 a 274, della Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023). Il decreto interministeriale del 7 maggio 2025, firmato dai ministri Urso e Giorgetti, ne definisce le disposizioni applicative.

Soggetti beneficiari

I beneficiari del credito d’imposta sono le startup innovative, la cui definizione fa riferimento al fatto che una società deve rispettare i requisiti del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179 (noto come “Decreto Crescita 2.0”), convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221.

Spese ammissibili

Il credito d’imposta è calcolato su una base imponibile pari al 50% delle spese sostenute per l’acquisizione di servizi qualificati. L’importo del credito d’imposta non può comunque superare i 10.000 euro per ciascun periodo d’imposta.

I servizi ammissibili devono essere forniti da:

  • Incubatori certificati e acceleratori d’impresa.
  • Innovation hub.
  • Organismi di ricerca.

I servizi devono riguardare:

  • Consulenza per l’analisi di mercato e il posizionamento del prodotto.
  • Supporto nella fase di go-to-market (commercializzazione).
  • Assistenza per lo sviluppo del modello di business e organizzativo.
  • Servizi legati alla tutela della proprietà intellettuale (marchi e brevetti).

Condizioni e obblighi

  • Contratto di servizio – L’erogazione dei servizi deve essere regolata da un contratto scritto tra la startup e il fornitore qualificato.
  • Durata e mantenimento – La startup deve mantenere la qualifica di “innovativa” per almeno tre anni. In caso di revoca o perdita dei requisiti prima di questo termine, il credito d’imposta già utilizzato deve essere restituito.
  • Registro delle Imprese – Sia le startup che gli incubatori certificati devono essere iscritti nell’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese.
  • Cumulabilità – Il credito d’imposta è concesso nel rispetto delle norme europee sugli aiuti “de minimis”.
  • Modalità di utilizzo – Il credito d’imposta può essere utilizzato esclusivamente in compensazione tramite il modello F24, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui sono state sostenute le spese.

Per poter fruire del credito, è necessario presentare un’apposita istanza all’Agenzia delle Entrate, secondo le modalità che saranno definite da un futuro provvedimento della stessa Agenzia.

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        L’articolo menziona che il decreto sblocca un bonus fiscale fino a 40 milioni di euro. I fondi sono a carico del “Fondo di sostegno al venture capital”.

        In sintesi, la misura mira a rafforzare l’ecosistema dell’innovazione incentivando le startup a investire in servizi qualificati che ne supportino la crescita e lo sviluppo sul mercato, attraverso un significativo sgravio fiscale.



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