Secondo un paper del Tesoro, circa il 38% della spesa superincentivata dal Superbonus, cioè 70 miliardi su 186, sarebbe stata affrontata dai contribuenti anche senza gli sconti del 90% e del 110%
Nonostante il Superbonus sia giunto al termine, si moltiplicano le analisi sul suo impatto macroeconomico. Un recente working paper pubblicato dal Tesoro, realizzato da Paolo D’Imperio e Carlo Cignarella, ha voluto misurare l’impatto addizionale generato da Superbonus e Bonus facciate, cioè la quota di investimenti che se l’ordinamento invece di queste misure avesse contemplato solo gli sconti fiscali in vigore prima dell’arrivo dei due giganti.
IL SUPERBONUS E IL BONUS FACCIATE
Perché Bonus facciate e Superbonus non imboccano un sentiero mai battuto prima, ma affollano una strada già percorsa da una serie di sconti fiscali che, pur se meno pronunciati – oscillando dal 50% del Bonus casa all’85% dell’Ecobonus nella sua forma più alta – presentavano comunque un certo grado di generosità, non irrilevante anche nel confronto internazionale. Lo si legge sul Sole 24 Ore.
LO STUDIO DEL TESORO SU 9 PAESI EUROPEI
Per questo, per misurare la spinta aggiuntiva offerta dagli sconti del 90% e del 110%, non bisogna conteggiare tutte le spese incentivate, ma occorre provare a circoscrivere quelle nate solo grazie ai super sconti. Per farlo, il paper ricorre al synthetic control method e mette a confronto il quadro domestico con quello di nove Paesi europei (Austria, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Portogallo, Spagna e Uk) caratterizzati da un ciclo economico simile, per capire come sarebbe stata l’Italia del 2020-23 senza Superbonus e Bonus facciate. La conclusione è che circa il 38% della spesa superincentivata, cioè 70 miliardi su 186, sarebbe stata affrontata dai contribuenti anche senza gli sconti del 90% e del 110%.
IL RAPPORTO TRA COSTI E INCENTIVI DEL SUPERBONUS
Su queste premesse, l’analisi “pone forti dubbi sul rapporto fra costi ed efficacia degli incentivi, che sollevano questioni significative anche in termini di equità e impatto redistributivo”. Si tratta degli stessi interrogativi rilanciati pochi giorni da dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, in un passo del Rapporto annuale curiosamente utilizzato nel dibattito politico per sostenere tesi opposte. Per l’Authority dei conti “un terzo degli investimenti agevolati sarebbe stato comunque realizzato”. Ne consegue che “nel triennio 2021-23 gli investimenti residenziali attivati dagli incentivi all’edilizia residenziale hanno apportato una rilevante spinta all’attività economica”, ma “il progressivo affievolimento dell’addizionalità degli investimenti solleva interrogativi sul profilo di efficienza della misura nel medio periodo”.
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