Da ristoratore a imprenditore digitale, è tra i soci della società dedicata ai «content creator»: investimento da 50 milioni e obiettivo Nasdaq entro il 2030. Disponibile da settembre
Prima informazione: JoyKey è una nuova società tecnologica nata in Italia, ma non si deve chiamare startup. È già un’impresa solida che guarda ai mercati internazionali e da settembre sarà operativa. Seconda informazione: ha obiettivi molto ambiziosi. Con un piano di investimenti da 50 milioni vuole diventare la Netflix dei content creator grazie a un’AI proprietaria, e quotarsi al Nasdaq entro il 2030. Terza informazione: tra i soci della JK Holding, che controlla la società, c’è Alessandro Borghese, uno degli chef più noti e amati dal pubblico. Che oltre allo sforzo di far combaciare la registrazione dei vari programmi televisivi con l’attività da ristoratore, si è anche reinventato come imprenditore digitale.
Prima di JoyKey, infatti, Borghese aveva già investito nella startup Bcode, spinoff del Politecnico di Milano che si rivolge alle imprese. «Con JoyKey, invece parliamo direttamente al consumatore — spiega lo chef al Corriere —. Ho sempre voluto sperimentare e penso sia un vantaggio per avere una visione chiara del futuro. Stiamo vivendo un importante cambiamento di cui è già protagonista il web 3».
Della JK Holding fanno parte imprenditori, investitori ed esperti tech con una caratteristica: sono tutti amici tra loro e già da anni lavorano insieme nel digitale. Il presidente è Luca Alessandro, i consiglieri sono Alessandro Borghese, Fabio Bosatelli e Walter Alessandro. Quest’ultimo, viste le sue competenze nel mondo tech, è anche il ceo di JoyKey.
Come funziona
Perché JoyKey, che è anche sponsor dell’Aprilia Racing in MotoGP, sarà la Netflix dei content creator? «Il business model è molto semplice — chiarisce Walter Alessandro —. La piattaforma è gratuita per gli utenti che possono creare un rapporto diretto con i creator, acquistarne i contenuti e abbonarsi al loro canale JoyKey. Ogni utente viene accolto da una Concierge Ai, un assistente digitale con cui dialoga e che ne comprende i gusti. La concierge AI agisce come un aggregatore proponendo i contenuti preferiti e adatti anche allo stato d’animo». «Te li cuce addosso — aggiunge Borghese —. Non devi andare a cercarteli perché l’AI scandaglia tutti i social del web, e restituisce al fan una serie di creator che sono pertinenti a quello che sta cercando in quel momento con grande precisione». A supporto dell’infrastruttura operativa, intervengono gli agenti AI, operatori digitali che si occupano di tutti i processi di back office.
Il ruolo delle agenzie
Oltre ai vantaggi per l’utente, sono evidenti anche le opportunità per i creator, che hanno più chance di entrare in contatto con un pubblico più vasto e mirato. E dato che ogni creator ha un’agenzia che lo rappresenta, anche questa può iscriversi alla piattaforma per ottenere direttamente da JoyKey — come assicura il ceo — la liquidazione dei propri compensi e facilitare la gestione dei creator tra diversi Paesi. Sono già migliaia quelle in lista d’attesa e il nostro piano industriale dei primi 12-18 mesi prevede proprio l’onboarding delle agenzie a livello globale». Insomma, la piattaforma incassa e poi suddivide i ricavi tra gli attori coinvolti. Per i creator si apre anche una nuova opportunità perché, una volta raggiunto il target di sottoscrizione da parte dei fan, JoyKey li aiuta anche nella produzione dei contenuti, sostenendone i costi. Per questo la paragonano a Netflix.
Giovani e futuro
«Tutta l’orbita della ristorazione e della comunicazione resta il mio core business — racconta ancora Borghese —. Continueremo a mangiare al ristorante, ma la nostra vita cambierà ed è questo che mi ha smosso e ha convinto tutti noi a investire nelle nuove tecnologie». Nella «brigata» di JoyKey ci sono già 30 giovani esperti di tech. «È bello il confronto generazionale: entrano in gioco l’esperienza imprenditoriale e la visione futuristica dei ragazzi», dice Borghese mentre Walter Alessandro sottolinea con orgoglio che «investiamo in formazione, alcuni nostri manager hanno appena 25 anni. E li paghiamo molto bene».
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