La pubblicazione del D.Lgs. 125/2024, di recepimento della Corporate Sustainability Reporting Directive – Csrd, caposaldo del Green Deal europeo e dell’Agenda per la finanza sostenibile – ha acceso i riflettori sulla rendicontazione societaria di sostenibilità, che prevede che le imprese (ad eccezione delle micro-imprese) devono rendicontare una serie di informazioni su questioni rilevanti ai fini della sostenibilità, quali i diritti ambientali, i diritti sociali, i diritti umani nonché i fattori di governance (fattori Esg – Environmental, Social, Governance).
Rispetto alla normativa precedente, la Csrd considera il reporting di sostenibilità parte integrante del bilancio annuale, dal momento che i valori finanziari e quelli di sostenibilità devono fondersi e coesistere in un unico flusso informativo.
Più in dettaglio, in un’ottica di “doppia materialità”, dovranno essere incluse nella relazione sulla gestione le informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto dell’impresa sulle questioni di sostenibilità (approccio Inside-Out), nonché quelle necessarie alla comprensione del modo in cui le questioni di sostenibilità influiscono sull’andamento dell’impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione (approccio Outside-In). Tali informazioni dovranno essere chiaramente identificabili in un’apposita sezione della relazione sulla gestione e devono includere dettagli sulla catena del valore, a monte e a valle, sui prodotti e sui servizi, nonché sui rapporti commerciali e sulla catena di fornitura.
L’impatto della normativa sulla governance societaria è dirompente sotto molteplici profili. Basti pensare, infatti, che l’informativa sulla sostenibilità deve illustrare la strategia aziendale volta a garantire che l’attività svolta sia compatibile con il dovere di diligenza e le finalità stabilite nell’ambito del Green Deal europeo e dell’Agenda per la finanza sostenibile, le modalità con le quali l’impresa tiene conto delle istanze dei portatori di interesse, ivi inclusi i rappresentanti dei lavoratori, il processo di due diligence attuato sulla catena del valore, nonché il ruolo degli organi di amministrazione e controllo per quanto concerne le questioni di sostenibilità.
È evidente che la collocazione di tali obblighi nell’ambito del bilancio di esercizio centralizza il ruolo dell’organo amministrativo, organo istituzionalmente delegato alla gestione dell’impresa, il quale dovrà garantire la conformità dell’agire sociale alla normativa in materia di sostenibilità; in tale contesto, assume un ruolo fondamentale anche il revisore della rendicontazione di sostenibilità, appositamente incaricato.
La normativa ha previsto un’entrata in vigore differenziata delle disposizioni in commento, in base al soggetto tenuto alla rendicontazione di sostenibilità, infatti nella norma originaria la data da cui decorrono gli obblighi di informativa si colloca nella finestra temporale 2024-2026, rispettivamente per le grandi imprese e per le altre imprese. Di recente, la c.d. Direttiva “Stop the clock” ha differito di due anni il termine per l’applicazione degli obblighi in parola per le grandi imprese che non hanno ancora avviato la rendicontazione di sostenibilità e per le PMI quotate, tenuto conto dei crescenti solleciti da parte di differenti players comunitari che hanno manifestato talune difficoltà circa l’implementazione tempestiva degli obblighi di rendicontazione.
Differimento a parte, quello intrapreso dal Legislatore comunitario sembra essere un percorso irreversibile, e per certi versi necessario, in relazione al quale le imprese non devono farsi trovare impreparate.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link