Revisione PNRR, il documento dell’UE che suggerisce ai Paesi come evitare di perdere le risorse (e un’idea per Transizione 5.0)


A meno di un anno e mezzo dalla chiusura del programma NextGenerationEU, la Commissione Europea ha pubblicato la comunicazione COM(2025) 310 final, un documento intitolato “NextGenerationEU – La strada verso il 2026”, che si propone come una guida pragmatica per affrontare le difficoltà oggettive che stanno rallentando la messa a terra di riforme e investimenti previsti dai piani dei Paesi membri, incluso il PNRR italiano.

Dopo aver tracciato un bilancio dei risultati raggiunti, riconoscendo l’impatto positivo dello strumento sulla crescita e sugli investimenti pubblici, Bruxelles mette nero su bianco le scadenze inderogabili: completamento di tutti gli obiettivi entro il 31 agosto 2026 e ultima richiesta di pagamento un mese dopo. “Legalmente la scadenza non può cambiare”, ha spiegato il commissario Raffaele Fitto: una pietra tombale sulle speranze di proroga dell’intero PNRR.

Per evitare che miliardi di euro restino bloccati a causa di ritardi accumulati, la Commissione invita i governi a una rapida e profonda revisione dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza offrendo una giuda con otto soluzioni concrete per non perdere i fondi. Tra le opzioni, una in particolare sembra particolarmente adatta a risolvere anche la questione del piano italiano Transizione 5.0.

La cassetta degli attrezzi di Bruxelles per salvare i fondi

Il documento della Commissione è un invito al realismo e all’efficienza. Consapevole che l’inflazione, le crisi delle catene di approvvigionamento e i rallentamenti burocratici hanno reso i piani originali parzialmente inattuabili, l’UE offre una serie di percorsi alternativi. La richiesta agli Stati è quella di rivedere i PNRR al più presto, e comunque non oltre la fine del 2025, per eliminare le misure a rischio e concentrare le energie su ciò che è realizzabile.

La prima via suggerita è quella di potenziare le misure esistenti che stanno funzionando bene e che hanno già raccolto una domanda di mercato significativa, aumentando la loro dotazione.

Un’altra possibilità è quella di ridimensionare i piani che risultano più costosi del previsto o che includono prestiti poco richiesti. In questo caso si possono eliminare progetti senza sostituirli, oppure spostare investimenti dalla linea dei prestiti a quella delle sovvenzioni per salvare le risorse a fondo perduto.

Una terza opzione, di grande interesse, è quella di frazionare i progetti la cui conclusione entro agosto 2026 appare improbabile. La parte realizzabile entro la scadenza resterebbe nel PNRR, mentre il resto potrebbe essere completato con fondi nazionali o altri programmi europei, come quelli di coesione.

Una quarta e più sofisticata soluzione riguarda la creazione di strumenti finanziari e regimi di sovvenzioni. In questo schema, i fondi PNRR verrebbero trasferiti a un partner di attuazione indipendente (una banca di promozione, un’agenzia pubblica) che si occuperebbe poi di gestire l’erogazione ai beneficiari finali. Gli obiettivi del PNRR diventerebbero il trasferimento dei fondi e la firma dei contratti con le imprese, disaccoppiando così la scadenza del Piano dai tempi di realizzazione dei singoli progetti.

Gli Stati possono poi trasferire fondi al programma InvestEU, utilizzando le risorse del PNRR per alimentare il comparto nazionale del fondo e mobilitare così ulteriori investimenti privati a garanzia pubblica.

Un’altra soluzione proposta consiste nell’effettuare iniezioni di capitale in banche e istituti nazionali di promozione, come la Cassa Depositi e Prestiti in Italia, per rafforzarne la capacità di intervento in settori chiave allineati con gli obiettivi del PNRR.

Come ultime due soluzioni, la Commissione apre alla possibilità di usare i fondi per versare contributi volontari a programmi strategici dell’Unione. Si tratta di una novità rilevante, che permetterebbe di finanziare l’industria della difesa (EDIP) o i programmi per le comunicazioni satellitari sicure, con la garanzia che il contributo venga poi speso a beneficio dello Stato membro versante.

La situazione italiana e le sfide per la prossima revisione

L’Italia si è già mossa più volte sul sentiero della revisione. Il 5 giugno è arrivato il via libera alla quinta modifica del PNRR italiano, che ha interessato 67 progetti. Le motivazioni riflettono le problematiche riconosciute dalla Commissione: maggiorazione dei prezzi, assenza di domanda per alcune misure, interruzioni della supply chain e iter autorizzativi più lunghi del previsto. In molti casi, si è optato per “alternative migliori” in grado di raggiungere gli stessi obiettivi con maggiore efficienza o minori costi amministrativi. Questo primo round di modifiche ha affrontato le criticità più immediate e manifeste.

La vera sfida è però la preparazione della sesta – e verosimilmente ultima – revisione del piano. Al centro dei tavoli di negoziazione con Bruxelles – che entreranno nel vivo a inizio luglio – ci sarà inevitabilmente il piano Transizione 5.0. Con una dotazione di 6,3 miliardi di euro, è una delle misure più importanti del PNRR italiano, finalizzata a spingere la duplice transizione digitale e green delle imprese attraverso crediti d’imposta. La sua complessità attuativa e la scadenza fissata al 31 dicembre 2025 per la conclusione degli investimenti da parte delle aziende rappresentano un collo di bottiglia che da tempo è sotto la lente della Politica, che vorrebbe evitare che una parte consistente delle risorse non venga impegnata entro i termini, perdendo così l’intero stanziamento (perché l’obiettivo attuale del piano Transizione 5.0 è la spesa dei 6,3 miliardi).

Nonostante l’accelerazione delle prenotazioni, che hanno ormai superato il miliardo di euro, le soluzioni che finora si prospettavano per il piano Transizione 5.0 vedevano la riduzione (verosimilmente un dimezzamento) dello stanziamento, con l’assegnazione delle risorse liberate ad altri strumenti.

Basandosi sulle linee guida offerte dal recente documento della Commissione è però possibile delineare uno scenario alternativo per risolvere il nodo della scadenza, dando così più tempo al piano e alle imprese.

A differenza di quanto originariamente ipotizzato qualche tempo fa, la soluzione non sarebbe modificare la scadenza della misura, oggi fissata a fine 2025, allungandola ad aprile o giugno 2026. Una mini-proroga del genere, infatti, sarebbe certamente insufficiente se l’obiettivo rimanesse il completamento degli investimenti.

La soluzione del rebus passerebbe invece attraverso uno dei “suggerimenti” della Commissione. Si potrebbe cioè trasformare Transizione 5.0 in un regime di sovvenzioni gestito da un soggetto intermediario che potrebbe essere il GSE (Gestore dei Servizi Energetici), che già ha il compito di gestire la misura, o Invitalia o Cassa Depositi e Prestiti (ribadiamo che sono solo ipotesi).

La meccanica della soluzione prevederebbe quindi che lo Stato trasferisca l’intera dotazione finanziaria del piano a questo soggetto.

Di conseguenza l’obiettivo PNRR da raggiungere entro la nuova scadenza di metà 2026 cambierebbe natura. Non sarebbe più il completamento degli investimenti delle imprese beneficiarie, ma la formalizzazione dei contratti tra l’intermediario e le aziende stesse per l’utilizzo della totalità dei fondi. Questo atto giuridicamente vincolante, da concludere entro giugno 2026, rappresenterebbe l’impegno di spesa richiesto da Bruxelles che metterebbe in sicurezza le risorse.

In questo scenario, che ribadiamo ancora una volta è puramente ipotetico, le imprese avrebbero poi un orizzonte temporale più ampio per portare a termine i loro progetti, definito contrattualmente con l’intermediario, che potrebbe estendersi ad esempio fino a giugno 2027, ben oltre la chiusura formale del PNRR.

Un’ipotesi del genere – o una variazione su questa falsariga – sarebbe quindi una soluzione che garantirebbe il raggiungimento degli obiettivi del Piano senza sacrificare l’efficacia di una misura importante per l’industria italiana.



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