«Il governo si schieri con Pirelli». Scontro sul controllo dei cinesi




Reuters

Una «risposta forte del Paese». E ancora: «Il governo difenda Pirelli, un’eccellenza del nostro made in Italy». Non poteva essere più esplicito il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, su una delle partite che interessa la governance e lo sviluppo globale futuro di un gruppo, Pirelli appunto, che «rischia una brusca frenata a causa della presenza del socio cinese Sinochem (37%), legato allo Stato cinese». La questione, divampata a maggio, è quella relativa al controllo e in particolare al passaporto cinese del primo azionista di Pirelli, Sinochem appunto, fattore che rischia di precludere o comunque rendere più difficoltoso l’accesso al mercato Usa del gruppo degli pneumatici. In particolare, a rischio dal 2027 è il segmento di prodotti che includono la tecnologia CyberTyre, in un mercato Usa che per Pirelli pesa per oltre il 20% dei ricavi ed è quello cruciale per il segmento “High Value”, che genera oltre l’80% del fatturato del gruppo.

In una lettera delle scorse settimane, le autorità Usa hanno avvertito Pirelli che la vendita di veicoli dotati di pneumatici con la sua avanzata tecnologia di sensori potrebbe essere limitata negli Stati Uniti a causa di preoccupazioni relative all’influenza dell’investitore cinese Sinochem, considerata eccessiva dal governo americano, nonostante le limitazioni alla governance già introdotte dal golden power. La tecnologia CyberTyre per la prima volta è in grado di far dialogare le gomme con i sistemi intelligenti del veicolo, ma questo solleva interrogativi da parte dell’Authority americana a proposito della potenziale influenza cinese sulla tecnologia e sui dati raccolti dal sistema. «Pirelli oggi è in stallo», ha sottolineato oggi Orsini, evidenziando che «senza una riduzione stabile della quota di Sinochem sotto il 25%, Pirelli non potrà crescere negli Usa, con gravi ricadute anche in Italia: molte nuove assunzioni e importanti investimenti sarebbero infatti a rischio».

Su Pirelli “il governo è attivo e vigile nell’ambito di una procedura della golden power che è stata già realizzata”, la replica del ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, che ha garantito «pieno sostegno» a «questa importante e significativa impresa multinazionale italiana». Nei giorni scorsi era stato l’ad di Pirelli, Andrea Casaluci, ad ammettere che la spaccatura in cda sull’esistenza o meno di un controllo su Pirelli con i rappresentanti di Sinochem ha portato a uno stallo che «sta mettendo a rischio lo sviluppo futuro del gruppo». Secondo Casaluci, in un momento di conflitto commerciale tra Washington e Pechino, la presenza di un socio di maggioranza relativa controllato direttamente dal governo cinese «sta creando molte difficoltà nello sviluppo del business negli Stati Uniti».

A metà maggio era fallito il tentativo di Pirelli – che faceva leva sul sostegno dei soci storici riuniti in Camfin, con il 26% del capitale – di trovare un accordo con Sinochem sulla governance. Il socio cinese aveva anzi informato il cda «di aver presentato una proposta agli uffici del Golden Power» senza che tale proposta sia «stata condivisa con Pirelli», provocando lo stupore del vicepresidente esecutivo, Marco Tronchetti Provera: «Nella mia vita non ho mai visto un socio votare contro gli interessi della società, sarebbe come spararsi nei piedi». A fine aprile, in occasione dell’approvazione del bilancio 2024, Pirelli aveva dichiarato decaduto il controllo di Sinochem sulla società, con una decisione presa a maggioranza e duramente contestata dal gruppo cinese. La Bicocca lo aveva definito «un primo passo» ma «non risolutivo» nel percorso di adeguamento della governance societaria alla normativa americana in tema di veicoli connessi. Marco Polo International Italy, la società attraverso cui i cinesi di Sinochem partecipano al capitale di Pirelli, aveva contestato la proposta sulla governance del gruppo italiano «perché potenzialmente dannosa per Pirelli e, nel complesso, gravemente iniqua e squilibrata nei confronti di tutti gli azionisti di Pirelli» con la sola «eccezione di Camfin». Da allora, lo scontro è proseguito tra accuse e controaccuse, e senza che si intravedano, per ora, soluzioni possibili.





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