Umbria, chiuse 2.436 aziende in tre mesi: “Troppe difficoltà per le imprese”


Perugia, 1 giugno 2025 – Sempre più ombre sull’Umbria che produce beni e ricchezza. I numeri del “Cruscotto congiunturale” elaborato dal Centro Studi delle Camere di commercio fotografano una regione in cui, anche nei primi tre mesi del 2025, le imprese che chiudono superano quelle che nascono. Il saldo tra iscrizioni (1.357) e cessazioni (2.436) è negativo per 1.079 unità.

Il calo delle cessazioni (-27,5%) rispetto al 2024 potrebbe far pensare a un miglioramento, ma il saldo ampiamente negativo e il contesto generale suggeriscono che potrebbe incidere anche un ritardo fisiologico negli aggiornamenti anagrafici, tipico dei primi trimestri. L’indicatore più rivelatore – quello delle nuove iscrizioni – segna un -1,8%, a fronte di un +2,9% a livello nazionale. Un dato che conferma un vecchio teorema: in Umbria fare impresa resta più difficile che altrove.

I settori che arrancano. Nel turismo si registrano 81 nuove iscrizioni a fronte di 91 cessazioni, con un saldo negativo di -10. L’agricoltura va peggio: 130 aperture contro 257 chiusure, pari a -127. Il commercio conta 201 nuove imprese, ma ben 389 cessazioni: il saldo è di -188. Anche le costruzioni segnano un arretramento: 190 iscrizioni, 237 cessazioni, saldo -47.

Solo pochi comparti reggono e si difendono: la manifattura mostra un recupero (+12,3% di iscrizioni), pur con un saldo negativo (-32). I trasporti segnano +50% di aperture (15) ma restano sotto per chiusure (44). L’unico comparto con saldo positivo è quello di assicurazioni e credito: 64 aperture contro 52 cessazioni, saldo +12. Qui si concentrano le poche spinte espansive.

Resistono i giovani. Alcuni segnali positivi, per fortuna, emergono da chi scommette sul futuro. Le imprese guidate da under 35 crescono del 21,8% contro un -2% nazionale. I settori più dinamici: turismo (+61,5%), servizi alle imprese (+37,8%), commercio (+16,9%). Un’espansione che coinvolge soprattutto le imprese individuali e le microrealtà ad alta vocazione innovativa.

Anche l’imprenditoria femminile regionale segna un +9,6% contro un calo dell’1,3% in Italia.



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