Cronache dai Palazzi – Futuro Europa


Dopo la fiducia posta dal governo, la Camera ha approvato il decreto Sicurezza con 163 sì (91 no e un astenuto). La prossima settimana il voto a Palazzo Madama. Contestazioni dai banchi delle opposizioni: “Né liberi, né sicuri”; “Non si arresta la protesta”; “La democrazia non si piega; “Decreto paura”.

Le nuove norme prevedono maggiori tutele per le forze dell’ordine e pene più gravose per lesioni, resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Nello specifico, arresto in flagranza differita per il reato di lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico, nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. Risulta inoltre aggravata la pena per il reato di danneggiamento in occasione di manifestazioni pubbliche e diventa reato (art. 14) l’impedimento alla libera circolazione su strada e su ferrovia. Un’ulteriore aggravante, inoltre, in caso di atti violenti commessi al fine di impedire la realizzazione di un’infrastruttura (come Tav o ponte sullo Stretto). Il decreto prevede anche un sostegno economico per le spese legali, fino a 10.000 euro, per gli agenti coinvolti in procedimenti penali. Infine, reclusione da 2 a 6 anni per la detenzione di materiale con finalità di terrorismo e anche per la diffusione online di istruzioni per compiere atti violenti o sabotaggi.

“Una serie disorganica di misure repressive che introducono 14 nuovi reati e 9 aggravanti, portando l’Italia indietro al codice fascista Rocco. Se aveste messo un euro in più nella sanità per ogni reato che avete creato avreste abbattuto le liste d’attesa”, ha affermato la segretaria del Pd, Elly Schlein, aggiungendo: “Dov’è l’urgenza di questo decreto, parcheggiato da mesi? Da destra c’è una furia ideologica che mira ad alimentare la paura”. Chiara Appendino dei Cinque Stelle rincara la dose: “Voi preferite lanciare un reato nuovo ogni settimana, come fossero fuochi d’artificio”.

Entro l’estate, inoltre, Palazzo Chigi mira all’approvazione in Parlamento del Premierato, il progetto di riforma costituzionale che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio per un mandato di 5 anni e con un limite di 2 mandati consecutivi (3 se ha ricoperto l’incarico per meno di 7 anni e mezzo in totale), e del ddl costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati per introdurre due ordini distinti, giudicante e inquirente.

Su un altro fronte la situazione dei dazi agita l’economia mondiale e scuote l’Europa. “Bisogna stare con gli occhi aperti e non dormire ma difendere i nostri interessi. Il mio sogno è un grande mercato Ue, Usa, Canada e Messico che farebbe bene a tutte e quattro le realtà. Quando ci sono queste impennate americane serve sapere attendere che poi la piena passi e si trovano gli accordi”, ha spiegato il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ospite dell’incontro promosso dall’Università Cattolica dal titolo “Europa: domande aperte per un futuro comune”. Sulla stessa lunghezza d’onda il commissario, e vicepresidente della Commissione Ue, Raffaele Fitto: “Ci sono tutte le condizioni per raggiungere un accordo sui dazi. Siamo partiti dal 100%, poi c’è stato il 50% e ancora un’altra proroga, ci stiamo ragionando”. Per Antonio Tajani, infine, “guai a rinunciare all’Europa e guai a non difenderla”.

Il 25 maggio la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha avuto, come lei stessa l’ha definita, una “buona telefonata” con il presidente degli Stati Uniti. Su X la presidente von der Leyen ha chiarito: “L’Europa è pronta a far avanzare i colloqui con rapidità e decisione. Per raggiungere un buon accordo avremmo bisogno di tempo fino al 9 luglio”, il giorno in cui scadrà la tregua sui dazi reciproci.

“I processi decisionali europei sono molto lunghi. Dobbiamo essere più efficaci, non possiamo nasconderci dietro alla burocrazia”, ha affermato la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, nel corso dell’incontro sull’Europa all’Università Cattolica. Riguardo alle procedure Ue, Metsola ha aggiunto: “Abbiamo riformato il modo in cui si prendono le decisioni: potevano passare anche 9-10 mesi per allocare un regolamento. Ora possiamo farlo più rapidamente”.

Preoccupazioni per la guerra commerciale scatenata dall’amministrazione Trump anche da parte della Banca d’Italia. Secondo il governatore Fabio Panetta la guerra dei dazi “potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale” nell’arco di un biennio. In questo contesto “il rischio più profondo” è che il commercio “si trasformi in una fonte di divisione, alimentando l’instabilità politica e mettendo a repentaglio la pace”. Dato lo scenario, secondo Panetta l’Europa dovrebbe investire nella Difesa ma non attraverso “fondi nazionali e prestiti” come suggerito dalla Commissione europea, bensì con “un programma unitario sostenuto da debito europeo” e, inoltre, l’Europa dovrebbe colmare il gap con gli Stati Uniti soprattutto per quanto riguarda gli investimenti in ricerca e innovazione.

L’Europa “deve ripensare il modello di sviluppo” sottolinea il governatore della Banca d’Italia rimarcando che, “negli ultimi trent’anni, la produttività del lavoro nell’Unione europea è cresciuta del 40%, oltre 25 punti percentuali in meno degli Stati Uniti”. In particolare “dal 2019 il divario si è ampliato” soprattutto a causa della “difficoltà di innovare. In rapporto al Pil le imprese europee investono in ricerca e sviluppo la metà di quelle statunitensi”. Nell’Intelligenza artificiale, ad esempio, “i brevetti europei sono meno di un quinto” di quelli Usa. Per Panetta “introdurre un titolo pubblico europeo” sarebbe “cruciale”. In questo modo si attiverebbero “investimenti aggiuntivi per 150 miliardi di euro all’anno”, il Pil salirebbe dell’1,5% e tre volte tanto in caso di investimenti ad alto contenuto tecnologico. In una prospettiva di globalizzazione dei servizi l’Europa deve recuperare terreno. Nel panorama mondiale attuale “rischi insidiosi derivano dalla concentrazione di potere in poche grandi imprese globali”, in sostanza i giganti del web americani. Sul versante dei conti pubblici, invece, dopo gli aggiustamenti degli ultimi anni occorre “mantenere una politica di bilancio prudente” a causa dell’alto debito.

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sembra condividere l’analisi di Bankitalia. Riguardo al sistema creditizio, in particolare, Giorgetti afferma: “Le banche devono tornare a fare le banche, ovvero devono raccogliere il risparmio, tutelarlo ed erogarlo”, In questo modo, strutturando delle condizioni idonee a creare valore, gli istituti di credito potrebbero offrire a “imprese e famiglie finanziamenti adeguati per quantità e costi” e, inoltre, “strumenti di impiego del risparmio efficaci, trasparenti e a condizioni eque”.

Dal fronte governativo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, fa da sponda al governatore Panetta sulla questione dei dazi, la guerra commerciale che potrebbe penalizzare la crescita mondiale di un punto percentuale. “Siamo consapevoli del rischio, anche perché l’Italia, essendo un grande Paese esportatore che ha conquistato la quarta posizione a livello globale, potrebbe risentire più di altri di un mondo che si chiude”, sottolinea Urso.

Dall’Asia Centrale, dove ha siglato accordi con il Kazakhstan per 4 miliardi, a proposito dei negoziati in corso tra Bruxelles e Washington Giorgia Meloni ha mostrato un cauto ottimismo. “Non posso dire che l’Ue stia perdendo tempo”, ha sottolineato. Per quanto riguarda i dazi “credo che la materia sia molto complessa”, sottolinea Meloni riferendosi anche alla situazione economico-finanziaria in toto. “Tra le due sponde dell’Atlantico”, inoltre, l’approccio “è un pò diverso”. L’approccio europeo “scende molto di più nel dettaglio”, mentre l’approccio americano “punta più a un accordo globale per poi entrare nei dettagli in seguito”. Meloni ha infine precisato che la materia “è nelle mani della Commissione” e che “non è una nostra competenza”. Ed ancora: “Sono convinta che da parte di Ursula von der Leyen ci sia la volontà di trovare un accordo”.

A proposito di Kiev, in particolare riguardo all’annuncio dell’inviato speciale statunitense per l’Ucraina, Keith Kellogg, e all’eventuale vertice tra i consiglieri militari di Francia, Regno Unito e Germania nel quale non sarebbe stata menzionata la presenza italiana, Meloni puntualizza che è sbagliato interpretare la questione come “un’esclusione”. Il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, Fabrizio Saggio, sottolinea a sua volta che “l’Italia c’è” e “lo scenario è in fase di evoluzione”. In realtà anche l’Italia prenderà parte alla call con Kellogg.

La premier incontrerà il presidente Emmanuel Macron a Palazzo Chigi martedì 3 giugno, ed è chiaro che in quell’occasione Italia e Francia si sosterranno per fare fronte comune su dossier chiave come i negoziati per l’Ucraina e l’eventualità di una guerra commerciale con gli Stati Uniti. La premier ha precisato che il clima a volte animato tra i leader “non compromette o modifica i rapporti tra le nazioni”. In definitiva, “sono molto contenta che Macron venga a Roma” – afferma Meloni – “avremo l’occasione per sederci e con un pò di calma affrontare vari dossier”, a partire dall’Ucraina. Quello con Macron è il primo di una serie di incontri in agenda la prossima settimana, tra cui quello con il presidente del Consiglio Ue Antonio Costa, l’incontro con il segretario generale della Nato Mark Rutte e un altro con il presidente argentino Javier Milei.

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