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Miniera dismessa a Pernik, Bulgaria – © trabantos/Shutterstock


Il Fondo UE per la transizione giusta sostiene le regioni europee più colpite dall’abbandono dei combustibili fossili, finanziando innovazione verde, riconversione lavorativa e bonifiche ambientali. Ma la sua attuazione sta procedendo molto a rilento

La transizione dell’Unione europea verso la neutralità climatica, come delineata nel Green Deal, rappresenta una delle trasformazioni economiche più significative della storia del continente. Per raggiungere l’ambizioso obiettivo di annullare le emissioni di gas serra entro il 2050, l’UE si è impegnata a destinare il 30% del suo bilancio 2021-2027 a iniziative legate al clima. 

I fondi della politica di coesione svolgono un ruolo cruciale in questo contesto. In particolare, il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo di coesione – rispettivamente con 70,3 e 22,5 miliardi di euro – sono i principali strumenti che finanziano gli investimenti in energie rinnovabili, efficienza energetica e infrastrutture sostenibili. 

Questi strumenti sono integrati da un meccanismo di finanziamento più specializzato: il Fondo per la transizione giusta (Just Transition Fund, JTF), che con 19,4 miliardi di euro affronta specificatamente le sfide dei territori dell’UE che rischiano di essere colpiti in modo sproporzionato dai costi della transizione ecologica.

I territori coinvolti

Istituito nell’ambito del “Meccanismo di giusta transizione”, il JTF rappresenta il riconoscimento del fatto che i costi della decarbonizzazione non sono equamente distribuiti sul territorio europeo. Tutti gli Stati membri dell’UE devono contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici, ma alcune regioni – in particolare quelle che dipendono dall’estrazione del carbone, della torba o dall’industria manifatturiera pesante – dovranno affrontare gravi disagi economici e sociali.

Il Fondo per la transizione giusta dovrebbe contribuire a mitigare queste disparità, sostenendo i lavoratori, le imprese e le economie dei territori più esposti nella transizione verso alternative sostenibili.  

Fra i Paesi dell’Ue è la Polonia quello che riceve più fondi in termini assoluti, con 4,5 miliardi di euro, seguita dalla Germania (3,8 miliardi) e dalla Romania (2,5 miliardi). Anche la Grecia (1,6 miliardi) e la Bulgaria (1,5 miliardi) sono tra gli stati membri che ricevono risorse significative.

Le risorse del JTF in realtà non vanno a beneficiare interi Paesi, ma si concentrano su 96 territori specifici. Queste aree sono state identificate tramite dei “Piani territoriali per la transizione giusta”, che hanno valutato le perdite di posti di lavoro previste, le esigenze di ristrutturazione industriale e le più ampie vulnerabilità socio-economiche di ciascuna regione.

Tra i territori selezionati si trovano, per esempio, numerose isole greche nell’Egeo e la Macedonia occidentale, la regione di Stara Zagora in Bulgaria, sei distretti della Romania, la parte croata dell’Istria e la regione della Sava Centrale in Slovenia. In Italia sono coperti dal JTF la zona di Taranto e il Sulcis-Iglesiente in Sardegna. 

Le attività previste

Gli interventi del JTF sono strutturati attorno a dieci filoni principali. Una parte molto significativa delle risorse, oltre 6,6 miliardi di euro, è destinata alla diversificazione economica e al sostegno alle piccole e medie imprese e alle start-up.

L’idea è quella di ridurre la dipendenza di questi territori da industrie in declino promuovendo nuove attività economiche al loro posto – in particolare in settori come quello della produzione di energie rinnovabili, per cui sono previsti 3,6 miliardi di stanziamenti aggiuntivi. Il fondo sostiene anche la ricerca e lo sviluppo di tecnologie pulite con quasi due miliardi di euro.

In alcuni casi il JTF fornisce anche aiuti mirati alle grandi imprese – ma solo se sono impegnate nel ridurre le emissioni nei settori coperti dal Sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS).

Tra le aree di intervento del JTF rientra anche la transizione della forza lavoro, per mitigare la perdita di occupazione dotando i lavoratori di competenze spendibili nei settori economici emergenti. Il JTF finanzia con 3,1 miliardi progetti di formazione professionale che dedicano particolare attenzione alle competenze digitali e alle tecnologie delle energie rinnovabili. 

In generale, il Fondo dedica un’attenzione particolare ai giovani lavoratori, alle lavoratrici e a chi è disoccupato da lungo tempo – categorie spesso più vulnerabili sul mercato del lavoro.

Il JTF interviene poi con 1,8 miliardi di euro a favore del risanamento dei siti contaminati, compresa la bonifica delle miniere di carbone abbandonate e degli impianti industriali dismessi. Questi finanziamenti vengono però erogati solo nei casi in cui non è possibile applicare il principio del “chi inquina paga” – ovvero quando gli operatori privati non sono in grado di coprire i costi del ripristino.

Le sfide dell’attuazione

Il Fondo per la transizione giusta prevede inoltre di destinare circa 900 milioni di euro a favore dell’”assistenza tecnica” ai beneficiari dei fondi, per aiutarli a gestire i progetti e a sfruttate effettivamente le opportunità a disposizione.

Il JTF opera secondo una tempistica più stretta rispetto ai tradizionali fondi di coesione: il 70% delle risorse devono essere impegnate entro la fine del 2026. Questo calendario di spesa accelerato comporta delle sfide notevoli per le autorità locali, molte delle quali non hanno il personale o l’esperienza sufficiente per gestire con efficienza progetti di transizione su larga scala. 

Osservando i dati sull’implementazione del JTF, si vede come al 31 dicembre 2024 sia stato speso appena l’1,7% dei fondi a disposizione (quelli impegnati sono il 38,1%). Le problematiche con la capacità di spesa dei fondi europei non sono un tema nuovo, ma confrontando i livelli di spesa con gli altri fondi di coesione risulta che il JTF stia procedendo piuttosto a rilento, nonostante le scadenze più strette.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto “Cohesion4Climate” cofinanziato dall’Unione europea. L’UE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBCT.

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