Imprese familiari: il futuro è la governance che integra capitale e lavoro


lo scorso 14 maggio 2025, il Senato ha approvato, in via definitiva, il Disegno di legge n. 1407; testo di iniziativa popolare che si propone di dare attuazione all’articolo 46, Costituzione. Esso, infatti, introduce un quadro normativo organico in materia di partecipazione dei lavoratori alla gestione, all’organizzazione, ai risultati economici e alla proprietà delle imprese, rafforzando l’alleanza capitale-lavoro e aprendo alla democrazia economica.

Nello specifico, la vera novità è rappresentata dalla strutturazione di un modello organico e multilivello di partecipazione dei lavoratori alla vita dell’impresa. Il Legislatore ha inteso superare la tradizionale contrapposizione tra capitale e lavoro, riconoscendo ai lavoratori un ruolo attivo e responsabile in quattro ambiti fondamentali: gestionale, economico-finanziario, organizzativo e consultivo. Queste quattro dimensioni delineano un’architettura complessa, ma coerente, che mira a promuovere inclusione, efficienza e competitività nel tessuto produttivo nazionale.

La partecipazione gestionale rappresenta la possibilità per i lavoratori di intervenire direttamente nella definizione delle scelte strategiche aziendali, mediante la loro presenza negli organi di governance societaria. Laddove previsto dallo statuto e disciplinato dai contratti collettivi, i lavoratori potranno nominare i propri rappresentanti nel Consiglio di sorveglianza (nelle imprese con sistema dualistico) o nel Consiglio di amministrazione (nelle imprese con sistema tradizionale). Si tratta di una forma avanzata di co-decisione, che riconosce la legittimità del contributo del lavoro anche sul piano delle responsabilità gestionali, nel rispetto di rigorosi criteri di professionalità, onorabilità e indipendenza.

La partecipazione economica e finanziaria è finalizzata a coinvolgere i lavoratori nei risultati economici dell’impresa, redistribuendo parte del valore prodotto in una logica premiale. Tale partecipazione può assumere la forma della distribuzione diretta di utili, regolata tramite contrattazione collettiva, o della partecipazione al capitale sociale attraverso piani di azionariato diffuso.

Il Legislatore introduce anche incentivi fiscali mirati, che favoriscono l’adozione di tali strumenti, rendendo più vantaggioso per le imprese riconoscere ai dipendenti una quota dei profitti, sia in forma monetaria sia in strumenti partecipativi. Per l’anno 2025, se almeno il 10% degli utili viene distribuito ai lavoratori in base a contratti collettivi aziendali o territoriali, l’importo soggetto a imposta sostitutiva agevolata viene elevato da 3.000 a 5.000 euro.

Inoltre, i piani di azionariato riservati ai dipendenti potranno prevedere l’assegnazione di azioni in sostituzione di premi di risultato, con esenzione Irpef del 50% su dividendi fino a 1.500 euro.

La partecipazione organizzativa è orientata al coinvolgimento dei lavoratori nei processi decisionali relativi alla struttura e al funzionamento operativo dell’impresa. Le aziende potranno costituire apposite commissioni paritetiche, composte da rappresentanti dei lavoratori e dell’impresa, con il compito di elaborare proposte di miglioramento su aspetti quali i processi produttivi, l’organizzazione del lavoro, l’innovazione dei servizi.

Inoltre, viene valorizzato il ruolo di figure aziendali specialistiche dedicate a temi come la formazione, il welfare, la genitorialità, l’inclusione e la qualità del lavoro, in un’ottica integrata di benessere organizzativo e sviluppo delle risorse umane. Anche le PMI con meno di 35 dipendenti potranno aderire tramite supporto degli enti bilaterali.

La partecipazione consultiva, infine, riguarda il diritto dei lavoratori a essere consultati preventivamente rispetto a importanti decisioni aziendali. Il DDL citato istituisce una procedura articolata di confronto tramite commissioni paritetiche, prevedendo tempi certi, obblighi informativi, verbalizzazione dei pareri e risposta motivata del datore di lavoro. Si tratta di un modello che, pur non essendo vincolante sul piano deliberativo, istituzionalizza il dialogo sociale e rafforza la trasparenza nei rapporti interni.

Ai rappresentanti dei lavoratori coinvolti negli organi societari e nelle commissioni è garantita una formazione minima di 10 ore annue, finanziabile con il Fondo Nuove Competenze, fondi interprofessionali o enti bilaterali.

Infine, le nuove disposizioni vengono estese alle società cooperative, in quanto compatibili.

Questo impianto multidimensionale riflette una visione evolutiva del ruolo dei lavoratori nell’impresa, non più meri destinatari di scelte altrui, ma soggetti attivi e corresponsabili della crescita aziendale. La partecipazione, nei suoi diversi livelli, diventa così uno strumento strategico per migliorare la qualità delle relazioni industriali, accrescere la produttività e promuovere un’economia più equa e sostenibile.

Così facendo, l’Italia si è allineata alle esperienze partecipative più avanzate in Europa, che hanno come fulcro una governance d’impresa che integra capitale e lavoro, promuovendo competitività, inclusione e stabilità.

L’effettiva implementazione dipenderà chiaramente dalla volontà delle imprese e dalla qualità della contrattazione collettiva. Il ruolo proattivo dei professionisti nella consulenza contrattuale, societaria e fiscale sarà decisivo per accompagnare questa trasformazione.



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