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Crisi energetica e dazi: un cocktail micidiale per le imprese piemontesi – Torino Cronaca


Le imprese piemontesi trattengono il fiato. L’indagine congiunturale dell’Ufficio Studi di API Torino espone una situazione complessa, segnata da una persistente incertezza e aggravata da nuove minacce: l’aumento dei costi dell’energia e la possibilità che gli Stati Uniti introducano dazi penalizzanti. A questo si aggiungono difficoltà crescenti nel recuperare i crediti e un peggioramento delle condizioni operative per le imprese più piccole e quelle attive nella metallurgia.

“Registriamo comunque segnali positivi anche se il momento è estremamente complesso”, commenta Fabrizio Cellino, presidente di API Torino. “Il leggero miglioramento di alcuni dati non deve trarre in inganno: ci troviamo in una situazione eccezionalmente negativa che richiede strumenti altrettanto straordinari”. Tra le richieste dell’associazione: un nuovo PNRR, moratorie dal sistema del credito e un sostegno concreto da parte delle istituzioni per rafforzare la competitività del territorio.

Il portafoglio ordini mostra segnali di miglioramento e, seppur debolmente, ripartono anche alcuni investimenti considerati economicamente rilevanti. Tuttavia, il clima resta non dei migliori: il saldo relativo alla produzione è ancora a -31,8%, quello sugli ordini a -22,7% e il fatturato a -29%. Il grado di fiducia degli imprenditori migliora leggermente, passando da -28,1% (dicembre 2024) a -23,6%, ma resta in territorio fortemente negativo. Tra i più penalizzati ci sono le microimprese (fino a 9 dipendenti) e le aziende della metallurgia, per le quali l’indice di fiducia crolla al -42,6%.

“Le aspettative restano negative, ma meno di quanto temuto qualche mese fa. È una tregua, non ancora una ripresa”, spiega Fabio Schena, responsabile dell’Ufficio Studi. Il 79,1% degli imprenditori segnala un incremento del costo dell’energia rispetto al 2024, mentre il 36,7% denuncia crediti scaduti da oltre due mesi. Sul fronte occupazionale, il 24,1% delle imprese prevede di dover ricorrere ad ammortizzatori sociali entro giugno, con punte del 31,5% nell’indotto dell’automotive. Anche sul fronte degli investimenti, la situazione resta debole: solo il 49,4% delle imprese ha investito o prevede di farlo nel primo semestre 2025. Va però registrato un dato in controtendenza: cresce la quota di investimenti “rilevanti”, che passa al 19,9%, in miglioramento rispetto al 15,4% di fine 2024.

“Alcune politiche vanno nella direzione giusta, ma non bastano — conclude Cellino —. Serve un’azione forte e coordinata, un nuovo piano di rilancio industriale che metta le imprese in condizione di tornare a competere”.



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