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Maxi evasione fiscale nell’alta moda, sequestrati beni di lusso per oltre 2 milioni e 6 immobili


Beni per oltre 2 milioni di euro, tra cui 63 orologi riconducibili a notissimi brand, 117 borse di lusso del valore di circa 500 mila euro, due auto e sei appartamenti, sono stati sequestrati dalla guardia di finanza di Bologna che ha scoperto un sistema di sette imprese operanti nel settore dell’alta moda e riconducibili al fenomeno delle partite Iva ‘apri e chiudi’, gestito da tre imprenditori cinesi.

Si sarebbero avvalsi di diversi ‘prestanome’ e del contributo di alcuni professionisti bolognesi, ma di fatto erano loro ad amministrare le imprese, operanti nelle province di Bologna e Firenze. Durante le indagini, è stato accertato che gli imprenditori, nel corso degli anni, hanno commesso plurimi reati tributari e di riciclaggio, realizzando un profitto di circa 14 milioni di euro.

Partendo da un’analisi del territorio bolognese, gli investigatori hanno individuato una rete d’imprese, tutte amministrate da cittadini cinesi, che nonostante realizzassero redditizie prestazioni di confezionamento di capi di abbigliamento per conto di note società italiane dell’alta moda, non hanno effettuato alcun versamento d’imposte e di contributi previdenziali, omettendo le dichiarazioni fiscali.

Il complesso meccanismo evasivo si articolava su più livelli, avvalendosi dell’autoriciclaggio per ostacolare l’accertamento dell’origine illecita delle somme di denaro, riconducibili ai reati di omessa dichiarazione, dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Il denaro così ripulito poteva essere reimpiegato in attività economiche, finanziarie e imprenditoriali. In particolare, le imprese cinesi, dopo aver eseguito i lavori per conto delle società italiane e aver incassato i pagamenti, provvedevano ad abbattere il carico fiscale grazie all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, generando un’evasione fiscale di circa 6 milioni di euro: queste fatture venivano emesse da quattro società, formalmente intestate sempre a prestanome di origine cinese. Le società si sono rivelate delle imprese di fatto inoperanti, il cui unico scopo era quello di generare documenti fiscali utili a consentire la deduzione di costi in realtà mai sostenuti.

I profitti così ottenuti venivano trasferiti dai tre imprenditori cinesi mediante sistematiche operazioni di svuotamento dei conti correnti aziendali: trasferimento di denaro per oltre 2,6 milioni di euro verso altre imprese, sempre riconducibili a loro; utilizzo della liquidità incassata nell’acquisto, per oltre 9 milioni di euro, di beni di lusso, come orologi di noti brand di alta gamma, oltre che borse e accessori di brand dell’alta moda.

Tutti beni accomunati dall’elevato valore unitario e non soggetti ad alcun tracciamento od obbligo antiriciclaggio, che possono quindi essere agevolmente ceduti tra privati senza alcuna formalità. Le fiamme gialle hanno accertato che i responsabili hanno utilizzato il profitto della vendita di sette orologi del valore di circa 263mila euro abbia consentito di ottenere una rilevante provvista successivamente in parte utilizzata per l’acquisto di due appartamenti.

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