In un contesto competitivo sempre più sfidante, le competenze possono fare la differenza? Se si guarda ai numeri dei fondi interprofessionali per la formazione continua, nati oltre vent’anni fa per accompagnare la trasformazione del mercato del lavoro del nostro Paese, questa svolta culturale nel mondo imprenditoriale appare avviata e le aziende italiane sembrano averlo in larga misura compreso.
A parlar chiaro sono i risultati del 2024 di Fondirigenti, il Fondo interprofessionale di Confindustria e Federmanager leader nel settore della formazione manageriale, che mostrano con chiarezza il rafforzamento del trend di crescita avviatosi dopo la pandemia. Il 2024 si è rivelato, infatti, un anno record, che ha visto l’approvazione di quasi 2.600 piani formativi per oltre 3000 matricole, e la partecipazione di 14.000 dirigenti (oltre 1000 in più dell’anno precedente). Con un valore dei piani approvati di quasi 29 milioni di euro, Fondirigenti chiude l’anno con un pieno assorbimento delle risorse disponibili.
L’impegno formativo è in crescita nelle imprese di tutte le dimensioni: nelle grandi, naturalmente, anche grazie alle maggiori risorse a disposizione: ma anche nelle medie e nelle piccole, grazie all’approccio solidaristico che il Fondo promuove, che consente alle imprese di minori dimensioni di avere accesso, tramite gli avvisi, a risorse più consistenti di quelle accumulate.
Anche perché si moltiplicano le sfide che le imprese, aderenti e non, devono affrontare, e per le quali le competenze manageriali sono decisive: rivoluzione digitale, internazionalizzazione, transizione energetica, sostenibilità, attrazione dei talenti, superamento del gender gap. «Analizzando i dati degli ultimi tre anni relativi ai finanziamenti erogati dal Fondo attraverso Conto formazione e Avvisi – spiega il Direttore generale di Fondirigenti Massimo Sabatini – si possono leggere in controluce tutte le principali sfide che i manager devono affrontare in questo momento, e le competenze che sono più necessarie, tanto quelle più tecniche (prima di tutte quelle legate alla digitalizzazione), quanto quelle più soft, necessarie a guidare il cambiamento e, di conseguenza, le persone che quel cambiamento devono rendere possibile. Oltre un quarto dei piani si concentra infatti sulla capacità di interpretare strategicamente le grandi trasformazioni, per le quali servono capacità di leadership e visione, change management e capacità di pianificazione strategica. Tra le tematiche formative più richieste troviamo poi la formazione dei responsabili delle risorse umane, e il people management, un bisogno particolarmente sentito dalle Pmi, alle prese con uno skill-mismatch sempre più impegnativo. Insomma, gestione strategica del cambiamento e delle persone sono i temi chiave del triennio. Nel periodo più recente – aggiunge Sabatini – a questa tendenza si affianca una parallela crescita esponenziale della domanda di competenze legate alla digitalizzazione dei processi organizzativi e produttivi e, in particolare, alla introduzione dell’Intelligenza Artificiale». L’obiettivo è formare dirigenti capaci di comprendere il ruolo che la digitalizzazione può avere nella trasformazione dell’azienda, specie nelle imprese più piccole: sommando i piani dedicati a digitalizzazione, intelligenza artificiale e big data, si supera il 43% dei piani delle piccole imprese. Questo dimostra una chiara consapevolezza della scala delle priorità che hanno le imprese più agili, che puntano con decisione sull’investimento in tecnologie avanzate per rimanere competitive. In sintesi, capacità di leadership, gestione delle persone e comprensione del ruolo e delle potenzialità della rivoluzione digitale sembrano essere i fabbisogni chiave. I tre fabbisogni a cui, non a caso, sono stati dedicati gli avvisi del 2024.
Il trend osservato appare solido e, con molte probabilità, continuerà a crescere anche nel 2025, quantitativamente e qualitativamente: nel solo primo mese dell’anno, infatti, sono stati approvati piani per oltre 4 milioni di euro, a dimostrazione di un fabbisogno crescente ed in continua evoluzione.
«Fabbisogno che abbiamo scandagliato con una recente survey – spiega Sabatini – con la quale abbiamo chiesto alle imprese e agli operatori della formazione continua quali siano gli elementi centrali nell’ambito dell’attività di Fondirigenti e quali, secondo loro, dovranno essere rafforzati nel prossimo anno. Non stupisce che, nell’era digitale, il Fondo deve concentrarsi di più sul fattore umano: gestione del personale, benessere organizzativo, sostenibilità sociale e attenzione agli effetti sociali dell’attività d’impresa. Il messaggio è chiaro: ancor più con l’attuale dinamica demografica, la differenza la faranno le persone e la capacità di attrarle, trattenerle, motivarle e valorizzarle».
«Questi trend – afferma il Presidente di Fondirigenti Marco Bodini – dimostrano che negli anni i Fondi sono diventati strumenti efficaci nella formazione degli occupati e, al tempo stesso, strumenti di politica industriale, quando le risorse vengono indirizzate in base a scelte sistemiche per intercettare i fabbisogni delle imprese. La forza dei Fondi risiede nel dialogo quotidiano con le imprese e con i lavoratori, rafforzando al tempo stesso la competitività delle une e l’occupabilità degli altri: è la forza della bilateralità, l’arma in più per il nostro sistema Paese».
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