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Germania a picco, tremano le banche




La Germania, un tempo locomotiva d’Europa, ora fa i conti con una produzione industriale ingolfata. In Germania, secondo i dati preliminari dell’Ufficio Federale di Statistica, gli ordini alle fabbriche sono calati del 7% a gennaio, annullando il balzo del 5,9% di dicembre e deludendo il consensus degli economisti. Su base annua, i nuovi ordini nel settore manifatturiero sono scesi del 2,6%, contro il precedente calo rivisto del 6,9 per cento. Il netto calo è dovuto in gran parte alla diminuzione degli ordini di grandi dimensioni, ma anche escludendo questi ultimi, rimane un significativo -2,7 per cento. La flessione degli ordini arriva mentre l’industria tedesca ed europea si prepara ad affrontare i dazi sulle importazioni americane, che saranno applicati a partire dall’inizio di aprile. La Germania è particolarmente vulnerabile a una stretta sulle sue esportazioni, che comprendono automobili, prodotti farmaceutici e macchinari.

Il crollo degli ordini alle industrie locali rischia di diventare una pericolosa palla di neve anche per le rigorose banche tedesche che, dopo aver scoperto la mina dei derivati, vedono aumentare rapidamente i crediti deteriorati. Secondo gli ultimi dati del Market Watch Npl elaborato dall’ufficio studi di Banca Ifis, lo stock di Npe (non performing exposure, crediti deteriorati) dal primo trimestre del 2023 al terzo trimestre 2024 è aumentata di 10,2 miliardi. Il 94% di questa crescita è del segmento imprese. In particolare, il settore immobiliare (il 41% dei prestiti alle aziende) rappresenta la quasi totalità della variazione in aumento del deteriorato. In parallelo, le banche tedesche hanno aumentato sensibilmente la percentuale di crediti in stage 2 (che presentano un aumento del rischio) e l’incidenza dei forborne performing (le esposizioni ristrutturate), evidenziando un peggioramento del profilo di rischio prospettico.

Già l’anno scorso, secondo il Financial Times, una big del credito in Germania come Deutsche Bank si è scontrata più volte con la Bce per la gestione del rischio di credito: a Francoforte temono che l’istituto possa sottostimare quanti prestiti si sarebbero deteriorati. Adesso, a valle dello sviluppo economico di questi ultimi trimestri, il gruppo ha lanciato due distinti avvertimenti agli investitori: serviranno accantonamenti per i prestiti inesigibili più elevati rispetto agli 1,5 miliardi inizialmente previsti. La banca ha segnalato accantonamenti per 1,8 miliardi per il 2024, il 22% in più rispetto al 2023, e ha affermato nei suoi risultati annuali di gennaio che si aspettava solo una «parziale normalizzazione» delle perdite sui crediti nel 2025. Entro la fine del 2024, il più grande prestatore tedesco aveva stanziato 5,7 miliardi per potenziali perdite su un portafoglio prestiti di 485 miliardi. Il responsabile dei rischi, Olivier Vigneron, dovrebbe lasciare il posto a maggio, quando scadrà il suo contratto.

L’aumento del peso degli Npl rischia di avere un impatto sul sistema bancario tedesco che è molto più frammentato rispetto a quello italiano. In Germania oggi ci sono 1.324 banche di cui 690 Bcc e popolari, 352 casse di risparmio, 239 banche private e 6 di altre categorie. Sullo sfondo, inoltre, c’è il tema del debito pubblico. La Germania prevede di incrementarlo di 625 miliardi nei prossimi cinque anni (pari al 13% del Pil) per colmare il divario infrastrutturale e rispondere alle necessità di sicurezza nazionale.

Uno stimolo fiscale per contrastare la stagnazione economica e rafforzare la posizione geopolitica europea, ma che potrebbe anche aumentare il rischio di un indebolimento delle regole fiscali e della sostenibilità del debito nel lungo termine.



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