Il sistema basato sulle piccole e medie imprese focalizzate su nicchie di mercato, che possono garantirci innovazione e flessibilità, potrebbe non bastare più. Abbiamo bisogno anche di aziende di maggiori dimensioni
C’è voluto l’annuncio della nascita di un leader globale nelle opere ingegneristiche legate all’energia, per riaccendere l’attenzione sulla nostra industria. L’italiana Saipem e la norvegese Subsea7 si avviano a costruire un unico gruppo. Avrà il suo cuore a Milano e dimensioni finalmente ragguardevoli, 20 miliardi di ricavi e 2 di margine. Speriamo che questo sia solo il primo segnale di una lunga serie di operazioni simili. Abbiamo bisogno di progetti-Paese che ci facciano uscire dalle secche di una non politica industriale che assegna alle sole imprese il compito di occuparsi di crescita e sviluppo.
La teoria e la pratica
I modelli di crescita non sono buoni solo per i libri di testo nelle università. Chi critica oggi con leggerezza Angela Merkel, e il suo modello basato su esportazioni e gas russo a buon mercato, dovrebbe con onestà riconoscerle che quel modello ha funzionato per molti anni. Esserne consapevoli avrebbe permesso di uscirne in tempo. Anche il nostro Paese dovrebbe essere consapevole del fatto che il modello di crescita attuato negli ultimi anni potrebbe essere insufficiente per garantire lo sviluppo prossimo futuro. Un sistema sostanzialmente basato sulle piccole e medie imprese (e anche le nostre grandi lo sono, tranne pochissime eccezioni se commisurate ai competitor esteri) focalizzate su nicchie di mercato. Le nicchie possono sicuramente garantirci innovazione e flessibilità. Ma abbiamo bisogno di aziende e gruppi di maggiori dimensioni. Si pensi alla Space Economy. Abbiamo ottime aziende in grado di essere scelte come fornitrici e snodi essenziali della filiera.
Ma dobbiamo aspirare a essere in cima a questa filiera. E lo stesso potrebbe dirsi del nucleare che si appresta a essere la nuova frontiera nella produzione di energia. Così come negli anni Novanta siamo stati in grado di rivoluzionare il mondo dei trasporti con l’Alta velocità ferroviaria, e in quell’epoca anche con le telecomunicazioni, oggi dobbiamo tornare a essere più visionari. E perlomeno tenerci strette quelle poche grandi aziende capaci, per dimensioni e leadership, non solo di produrre e vendere, ma anche di stabilire e indicare modelli di crescita.
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